18 Maggio 2007
di dis0rder
Lo ascolto ormai da mesi.
L’ho comprato appena uscito nonostante conoscessi già le sue canzoni a memoria.
E’ già da un po’ che ne vorrei scrivere, ma non ci riuscivo: mi veniva voglia soprattutto di ascoltarlo e di cantarlo, non di descriverlo.
Mi sono letteralmente innamorato di Our Earthly Pleasures, il secondo album dei Maxïmo Park.Uno dei migliori album dell’anno, e già l’album dell’anno per me, oserei dire.
E ora, qui, ne parlerò in lungo e in largo quanto mi pare: così magari smetterò di tediare dal vivo tutte le persone che incontro.
Un mesetto fa ancora mi chiedevo se questo disco avrebbe retto il confronto con l’ottimo A Certain Trigger, che nel 2005 già aveva imposto il quintetto di Newcastle come una delle migliori realtà, all’interno di quel plotone di band britanniche lanciate da NME in questi ultimi anni e dedite a certo revival di newwave, post-punk e rock’n’roll scazzone (in mille declinazioni e combinazioni diverse).
Beh, posso affermare con sicurezza che non solo regge il confronto, ma a mio parere si tratta di un disco più maturo e più completo, senza grossi cali di tensione nè di qualità.
L’album suona certamente più "prodotto". Anche se forse qualcuno rimpiangerà la freschezza ed essenzialità di certe canzoni dell’esordio, a mio parere l’apporto di Gil Norton (che è stato dietro tra le altre cose a The Colour And The Shape dei Foo Fighters e Doolittle dei Pixies, mica bruscolini) è fondamentale nel rendere il suono dei Maximo Park (ah, mi rifiuto da qui in poi di utilizzare la snobbissima dicitura Maxïmo Park) più "arrotondato": più pop e più sferzante allo stesso tempo (lui, che pure ha gradito, ben sintetizza così: "più ragionato e cerebrale, meno immediato del precedente ma altrettanto efficace").
Detto ciò, lo stile dei nostri non è affatto snaturato. Tra i numi tutelari ci sono sempre Clash e Jam (per l’attitudine), Wire e Stranglers (per l’innesto di tastiere e synth sulla struttura post-punk) e Smiths quanto basta. Senza l’effetto-fotocopia verso nessuno di questi, però.
Con Morrissey il cantante/paroliere Paul Smith (cog-nomen/omen?) ha in comune innanzitutto la nitidezza della pronuncia british (cosa che apprezzo particolamente); il timbro è invece assai più ordinario e rough, anche se si sposa benissimo con l’andamento ora dolce ora nervoso dei pezzi – sempre interpretati col giusto pathos.
Un certo spirito smithsiano affiora spesso (oltre che nello stile chitarristico di alcuni pezzi) anche nei testi. Della scrittura del Moz mancano i riferimenti colti, e i temi non si discostano dal classico binomio tormenti d’amore/disagio esistenziale, ma in ogni canzone arriva sempre a un certo punto la frase ad effetto che sorprende, colpisce duro o più semplicemente suona perfetta in *quel* punto, continuando poi a risuonare per giorni nella testa e nelle orecchie.
1.
The path of excess just led to boredom
You’ve lived your life with your mouth wide open
Girls Who Play Guitars è un apertura tirata e senza troppe pretese. Riff secco e melodia piuttosto convenzionale (che pure non annoia mai). L’impennata a sorpresa c’è nel bridge tastierosissimo:
When you lie on my bed and you label me your friend
Don’t you know how much that hurts?
You could pretend and I wouldn’t know
I could be who you wanted in the dark
E’ la sua vita e lei vuole viverla al massimo, giusto così. Anche se questo può significare lasciarsi indietro qualcuno che, rispetto alle sue parole, trova più intriganti i suoi silenzi e più significativi i suoi sospiri.
2.
Never never try to gauge temperature
When you tend to travel at such speed
It’s our velocity
Is it cold where you are this time of year?
You didn’t leave a scar
La pompatissima Our Velocity è un singolo-killer quanto lo era stato Apply Some Pressure: come quella, riesce a tenere al massimo il tiro per tutta la sua durata. Strofe affilate, il ritornello ultra-catchy di cui sopra, ancora una volta le tastiere ad alzare il tasso drammatico
I’ve got no one to call
In the middle of the night anymore
I’m just alone
With these thoughts
…e neanche il tempo di rifiatare che parte un nuovo crescendo, che porta ai versi topici della canzone e forse dell’intero album, da cantare e ricantare a squarciagola
Love is a lie, which means I’ve been lied to,
Love is a lie, which means I’ve been lying to
Love is a lie, which means I’ve been lied to,
Love is a lie
3.
We rarely see
Warning signs in the air we breathe
Lo smithsianissimo mid-tempo Books From Boxes è annunciato come secondo singolo. Quel jingle-jangle è 100% Marr, il testo è da magone come non mai (l’apice di tristezza sarà raggiunto nel finale sussurrato): già pronta per diventare la hit dei momenti più malinconici dell’estate prossima ventura.
This is something new
But, it turns out it was borrowed, too
"Why does every letdown have to be so thin?"
Su accordi strazianti che si susseguono come stilettate (le persone si dividono in due gruppi, quelle che non riescono a reprimere un brivido ascoltando questa canzone, e quelle che no) vengono ripercorse le tappe finali di una storia. L’epilogo arriva quasi come una liberazione, dopo che qualcosa si era rotto. O forse in realtà non c’era niente da rompere…
Two bodies in motion
This is a matter of fact
It wasn’t built to last
4.
Are you hopeful or just gullible?
Chiude la tripletta di pezzi spettacolari il drama-piano-rock di Russian Literature, in cui la fanno da padrone le tastiere: nell’intro finto-tranquilla (prima che si scateni l’inferno) così come in tutto il resto del brano, in cui fanno da contrappunto al cantato quasi isterico di Smith e riempiono di pathos i momenti di passaggio.
Our earthly pleasure distract us against our will…
Il testo è poco chiaro nel suo significato, si procede (come in altri casi) per giustapposizione di frasi ad effetto. Quel che si capisce è che "lei non può essere salvata", e la relazione di cui si parla non dev’essere stata esattamente tutta rose e fiori.
…I already knew her name!
5.
You write a list of things to do
To occupy the time that you could use
Karaoke Plays, che segue, ha dalla sua la bellezza della semplicità: strofe tranquille semiacustiche (ma sempre colorate qua e là dalle tastiere), ritornello che esplode per ben tre volte alzando sempre l’asticella dell’emo-zione, bridge tutto sommato prevedibile a rallentare il tutto al momento giusto.
Someone gets run down
Karaoke Plays somewhere in the background
But there is no explanation.
What makes a grown man cry?
Karaoke Plays and someone gets run down
Al poco allegro refrain si contrappongono altre parti del testo, più rassicuranti, che descrivono scene di una tenera quotidianità di coppia forse ormai compromessa
…every night we’ve got so much to say
I want to hear all the things tou did today…
6.
People are judged on their mistakes
And how much money that they make
Your Urge chiude alla grande la prima metà dell’album (complessivamente superiore alla seconda, che comunque ben si difende). Un saliscendi incredibile di ritmo e passione. "You don’t have to deny your urge", l’apertura, potrebbe essere una delle frasi manifesto dell’intero disco.
Per due volte il pezzo, dopo averti fregato partendo placido, affronta un lungo crescendo strumentale e drammatico.
La prima volta si ferma all’improvviso e fa rifiatare.
La seconda non ce n’è per nessuno: solo voglia di premere sull’acceleratore, gridare o scuotere la testa per sfogare la rabbia. Il beffardo finale, poi, sarà di nuovo leggero.
…the night-time is a lifeline
The weekend is a Godsend
another useless fumble
another drunken stumble
Oh, but the pinkness near your iris
Reveals that you’ve been crying
But I don’t know what my crime is…
7.
The human heart is on trial for a limited spell
A human trial is on offer for a limited spell
The Unshockable ci ricorda che i Maximo Park sarebbero una delle tante "NME-rock’n’roll bands". Soltanto che loro sono i più bravi di tutti, e anche con un riempitivo muscolare e senza pretese come questo rimandano dalla mamma gli Arctic Monkeys (con tutto il rispetto…), in clinica di riabilitazione il ridicolo Pete Doherty (con meno rispetto…) e a casa a studiare quasi tutti gli altri gruppi inglesi contemporanei/epigoni (il paragone coi Franz Ferdinand invece non si pone: qui si gioca sul campo dei sentimenti, lì su quello del divertimento on the dancefloor).
Divertente il falso finale con successiva ripresa, al risuonare di una specie di jingle da altoparlante.
Conceal those thoughts that linger on your breath
Keep them hidden or they’ll catch their death
8.
I touched the place where your hair had been
I buttoned the shirt that you left round mine…
By The Monument, col suo ritmo serrato (e tanto di hand-clapping), parte a bomba subito dopo. Un altra di quelle fottute canzoncine pop-rock che sembrano innocue e invece, dopo due volte che ascolti le loro rime tutte-al-posto-giusto, ti senti già lì che stai sprecando anche tu il tuo tempo accanto a quel monumento, ad attendere nient’altro che la pioggia.
No more late night falls
where teardrops fall…
9.
Some people hide their emotions
Some people show too much
Col rocckettino leggero di Nosebleed Paul Smith continua a raccontare le sue imprese da tappetino umano. Stavolta il problema è che lei ha un altro per la testa (o meglio, questa volta lui se ne rende conto). Eppure le cose potrebbero essere così semplici, così perfette, maledizione.
Ah, secondo me utilizzare parole come "nose" e "last night I dreamt" non è casuale (quali canzoni di un certo gruppo sopracitato vi vengono in mente?).
Did we go too far? Is that why your nose is bleeding?
Last night I dreamt we kiss on a bench in the evening
10.
Would you like to go on a date with me?
And, I know, it’s old-fashioned to say so
La divertente A Fortnight’s Time è un altro di quei pezzi più simili a quelli del primo disco e relativamente più "scarni".
"In a fortnight’s time you will be mine": un corteggiamento insistente, ma anche autoironico nell’avere ben chiaro il proprio stato di sfigato cronico:
When it comes to girls, I’m mostly hypothetical
If I list their names, it’s purely alphabetical
When it comes to girls, I’m truly theoretical
If I test their nerve, it’s merely dialetical
11.
Follow me down this ropeladder
Our bodies becoming shapes on the sails
It’s a leap of faith, it’s a crash landing
Thin ice softly splinters
La malinconica Sandblasted And Set Free è già quasi un saluto, la presenza degli archi è tipica di un pezzo da fine album. Ma non siamo ancora ai titoli di coda: ce lo ricorda l’assolo che partirà quasi inaspettato a movimentare il brano.
I fell in love with flirtation
The brevity of sensation
12.
Parisian skies,
Shadows beneath your eyes,
All we have is now,
And the arc of your brow
Uh-uh-uh-uh-uhuh-uh-uh-uh-uh-uhuhuhuhuhhh.
Parisian Skies: uno splendido finale.
Il cantato che inizia all’improvviso. Poi quel falsetto irresistibile. Poi il mantra che non ti aspetti:
Is this the thrill of the chase?
How can I keep up the pace?
Is this the thrill of the chase?
How can I keep up the pace?
Si parla di un addio sofferto, ancora una volta.
– – –
Ma per l’ascoltatore è solo un arrivederci, perchè staccarsi da questo album è davvero difficile, quando se ne viene conquistati.
Solo canzonette, dicevo sopra. Poca sperimentazione, poca innovazione, niente virtuosismi vocali. Ma in tutti questi 12 pezzi c’è urgenza rock, maestria compositiva pop, rabbia, serenità, sofferenza, passione, urgenza, anima.
So che può suonare trito e banale, ma questa è musica che attraverso pochi versi e accordi ben assetati ti può entrare dentro e confondersi coi tuoi ricordi, le tue speranze, le tue inquietudini.
File under "Canzoni che ti fanno piangere e che ti salvano la vita"? Per quanto mi riguarda, la risposta rischia fortemente di essere sì.
[Video: Our Velocity]